di Anna Preianò
GASC – Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei, collezione di perfetta bellezza ospitata nella splendida Villa Clerici, luogo di delizia settecentesco, è una realtà unica, che conquista il visitatore con un’energia così forte da potersi quasi toccare. Tanta potenza è frutto di una storia densa di significati. A raccontarcela con passione e competenza è Alice Tonetti, conservatore della GASC e autrice del libro Dandolo Bellini e l’istituzione della Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Clerici (Aracne editrice, 2015).
Che cosa l’ha portata a Villa Clerici?
Fin dalla prima volta in cui sono stata qui ho pensato che questo fosse un luogo magico. Ne sono rimasta profondamente affascinata. Ho iniziato da studentessa come guida e continuato poi come tesista e stagista. Ho collaborato con i precedenti direttori e conservatori, e insieme ad altri giovani studenti abbiamo progettato i servizi educativi, precedentemente assenti, e una serie di iniziative in continua evoluzione: ogni anno si aggiungono nuovi progetti, collaborazioni, mostre, eventi e conferenze. Da qualche mese lavoro con il nuovo team che si è creato.
La GASC convive con la Casa di Redenzione Sociale, che ha sede negli edifici adiacenti. Che cosa unisce queste due realtà?
La storia della Galleria d’Arte Sacra è legata a doppio filo a quella della Casa di Redenzione Sociale, nata all’interno della Compagnia di San Paolo, un istituto secolare costituito da uomini e donne, laici e sacerdoti, fondato su impulso del Beato Cardinal Ferrari nel 1920. La Compagnia di San Paolo ha tra le sue missioni il sostegno e il benessere della persona, cui si dedica attraverso Opere Sociali, in Italia e nel mondo. Una di queste è proprio la Casa di Redenzione Sociale di Milano, che esiste dal 1927 e oggi è una Onlus. Fino alla Seconda guerra mondiale si occupava del reinserimento in società degli ex carcerati, che venivano inizialmente accolti nel corpo settecentesco di Villa Clerici.
La Villa, dunque, ospitava al suo interno la Casa di Redenzione Sociale?
Le persone dismesse dagli istituti di pena mangiavano e dormivano qui, dove veniva insegnato loro anche un mestiere. Al piano rialzato c’erano i laboratori: fabbricazione di cappelli, giocattoli e pentole di alluminio, sartoria e falegnameria. Il piano nobile ospitava le camerate. Negli anni Trenta, un uomo illuminato, Dandolo Bellini, comincia la sua collaborazione con la Casa di Redenzione Sociale: è lui l’anima della nostra storia. Egli riceve la sua formazione all’interno della Compagnia di San Paolo, pur non diventandone mai membro consacrato. All’inizio cura soprattutto l’aspetto propagandistico e di immagine della Casa di Redenzione, per la quale mette a disposizione le proprie doti di artista (aveva frequentato l’Accademia di Brera) realizzando delle tavole poi riprodotte in calendari, almanacchi, opuscoli e cartoline (i mesi dell’anno, i segni zodiacali, le città italiane…) che venivano spediti ai benefattori come invito e ringraziamento per le donazioni.
Mi sembra un tipo di comunicazione molto moderno.
Sì, ma è anche un carattere distintivo della Compagnia di San Paolo, che fin dalle origini utilizza gli organi di stampa per diffondere il proprio messaggio tra le genti. È una prassi che continua tuttora, in maniera ovviamente diversa.
Chi era Dandolo Bellini?
Era un uomo intelligente e perspicace, infinitamente generoso, timido e sempre di umore allegro. Una vera e propria ‘eminenza grigia’. Aveva un talento straordinario nel tessere relazioni e coltivare nel tempo i rapporti professionali come quelli di amicizia: sapeva ascoltare con pazienza e in questo modo diventò il confidente di molti. Grazie alle sue conoscenze riusciva a trovare non solo fondi per la Casa di Redenzione, ma sviluppava anche nuove idee. Fu capace di valorizzare le potenzialità di Villa Clerici, trasformandola in un luogo unico.
La nascita della Galleria di Arte Sacra dei Contemporanei si deve a lui?
Sì. Quando le nuove esigenze della Casa rendono inadeguato il corpo settecentesco della Villa, essa viene sgomberata e vengono costruiti nuovi edifici, quelli dove oggi si trovano i nostri uffici e lo spazio dedicato ai ragazzi con il Centro Psicopedagogico. Dopo la Seconda guerra mondiale lo scenario era infatti cambiato: c’erano molti ragazzi bisognosi di aiuto, con difficoltà sociali o rimasti soli. La Casa di Redenzione comincia a lavorare per i giovani, con la stessa modalità di prima: vivono qui e svolgono non solo attività pratiche e ludiche, ma vanno a scuola e sono seguiti da psicologi specializzati. Grazie alla sua passione per l’arte e alla frequentazione degli artisti che gravitavano attorno all’Accademia di Brera, Bellini aveva formato una propria collezione di opere contemporanee a soggetto sacro che decide di donare alla Casa di Redenzione. Le opere vengono collocate al piano nobile della Villa, ora libero. È il primo nucleo della Galleria d’Arte Sacra.
La raccolta cresce nel tempo sia grazie alle donazioni degli artisti stessi, che ci tengono a essere qui rappresentati, sia attraverso acquisti. Quando esse non venivano donate dagli artisti o da mecenati (Bellini seppe conquistare illustri personalità. Risultano relazioni anche con importanti industriali come Magneti Marelli, Pirelli, Falck…), è possibile che le acquistasse personalmente per poi donarle come sempre alla Casa di Redenzione. Lo si può intuire anche dalla sua corrispondenza con gli artisti, nella quale a volte si scusa spiegando di non poter in quel momento acquistare le loro opere, perché si è già impegnato molto con la Casa di Redenzione. Ogni volta che riusciva, incrementava la collezione della Galleria d’Arte Sacra, ancora oggi di proprietà della Casa di Redenzione Sociale Onlus.
Impegno sociale e cultura, benessere della persona e bellezza: è questo il legame tra la Casa di Redenzione e la GASC?
La Galleria d’Arte Sacra nasce come fiore all’occhiello dell’Opera Sociale, come scrive Dandolo nel primo e unico catalogo della GASC (1956). Essa è, soprattutto nei primi anni, il biglietto da visita, l’espressione della missione paolina da un punto di vista culturale. Lo scopo della Galleria è dichiaratamente quello di aiutare la Casa di Redenzione Sociale e questa è una delle funzioni che la collezione mantiene ancora oggi. La particolarità e l’atmosfera magica del luogo scaturiscono dalla sua natura: qui sociale e cultura viaggiano mano nella mano. Le sue origini sono importanti perché spiegano e dimostrano come una realtà simile poteva nascere solo in questo luogo, in quel momento e in quel contesto storico.
Le opere sono tutte novecentesche: arte sacra contemporanea, appunto.
GASC era anche una sorta di vetrina per mostrare che l’arte contemporanea poteva trasmettere contenuti, valori, messaggi e accompagnare il fedele in un percorso che ha inizio nel varcare la soglia della chiesa e prosegue fino a raggiungere l’altare. In quel periodo vescovo di Milano era Giovanni Battista Montini, poi papa Paolo VI, uomo illuminato e amante dell’arte che promosse anche la costruzione di nuovi edifici di culto. Bellini seppe intuire che gli artisti avevano ancora bisogno di riflettere sulla tematica sacra e la Galleria è anche un modo per far conoscere il loro lavoro alle diocesi, ai parroci, agli architetti che edificavano nuove chiese, tutti potenziali committenti. Un altro obiettivo della Galleria, infatti, era fare in modo che gli artisti potessero vivere del proprio lavoro. Da qui deriva uno dei punti forti della collezione: la varietà, non solo degli artisti, che sono tanti (anche se, come in ogni museo, non si espone tutto, e molto è conservato nei depositi), ma anche dei temi, delle iconografie, dei materiali e delle tecniche. Ci sono dipinti, sculture, mosaici, vetrate, ceramiche, smalti e grafica, tutto ciò che poteva servire anche per abbellire le nuove chiese. L’inaugurazione ufficiale della GASC, unitamente ai nuovi edifici della Casa di Redenzione, risale al 7 dicembre 1955, alla presenza del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
GASC, oltre che per sostenere la Casa di Redenzione e promuovere gli artisti, nasce anche con uno scopo-missione educativa?
L’intento di evangelizzazione è forte ed emerge con chiarezza. Sono stati sviluppati tantissimi soggetti, dall’Antico Testamento, con le storie della Genesi, al racconto degli episodi della vita di Cristo e della Vergine. Ogni artista ha dato la propria interpretazione personale (per esempio nella grande Annunciazione di Biancini compaiono due angeli annuncianti invece che uno solo), ma è evidente che ogni opera nasce da una riflessione attenta che parte dal testo biblico di riferimento. Il giudizio di Bellini era fondamentale per gli artisti, cercato e temuto nello stesso tempo. Una volta richiese una modifica a un mosaico di Alberto Salietti, già ultimato e consegnato, chiedendo lo spostamento di qualche pietruzza per rendere il viso della Vergine più dolce, perché secondo la tradizione, al momento dell’Annunciazione, quel viso deve esprimere sì sorpresa e attesa, ma sempre un’immensa dolcezza.
Villa Clerici era anche un luogo d’incontro per gli artisti?
Era una sorta di ‘cenacolo di artisti’. Negli anni che precedono l’inaugurazione della Galleria, diversi di loro cominciano a frequentare la Villa, contattati da Dandolo Bellini, desideroso di conoscerne la personalità e il lavoro. Si organizzano a volte dei pranzi, dove ognuno porta qualcosa da mangiare e da bere. Quando si incontrano parlano liberamente, confrontandosi anche in merito a temi e iconografie. Alcune scelte iconografiche sono proprio il frutto di questi appuntamenti. Per esempio, la figura di San Tarcisio, soggetto non così diffuso, compare in diverse opere della collezione, probabilmente grazie alla riflessione suggerita dal contemporaneo Congresso Eucaristico. Ma la cosa più bella era il momento finale di questi pranzi, quando, dopo aver sparecchiato, venivano distribuiti fogli e matite e… si disegnava! Qualcuno aveva un’ottima mano, altri qualche difficoltà in più. Anche l’arcivescovo Montini frequentava Villa Clerici, non con grande assiduità, ovviamente, per via degli impegni. In compenso, partecipava spesso alle riunioni il suo segretario, Monsignor Pasquale Macchi, molto legato a Dandolo. Infatti, quando Montini diventa papa, il materiale prodotto dagli artisti della villa arriva a Roma e, grazie all’interesse del papa, si tramuta spesso in committenze. Quando Montini parte per il conclave, alcuni artisti lo accompagnano all’aeroporto per salutarlo, convinti di non vederlo più rientrare a Milano, come in effetti poi è stato. Era amatissimo dal gruppo di Villa Clerici.
L’elezione di Montini rappresentò una svolta fondamentale per la GASC e gli artisti che vi gravitavano, da un punto di vista di immagine e di fama?
Certamente. Quando Montini viene eletto, chiama a sé Dandolo, che comincia a dividersi tra Milano e Roma, cosa che farà fino alla morte del Papa. Dandolo svolge per Montini vari lavori e mansioni, come la ristrutturazione degli appartamenti vaticani dove, pur non essendo architetto, agisce come tale collaborando con l’architetto pontificio. Bellini aveva gusto e ha saputo interpretare le esigenze del papa, del quale aveva la piena fiducia. Quindi elimina il precedente apparato decorativo, abbandonando il fasto regale ottocentesco per uno stile più moderno, semplice e funzionale. L’apporto di Dandolo coinvolge tutti gli aspetti esteriori della sede vaticana, persino le divise di coloro che a vario titolo vi prestano servizio e la veste tipografica delle pubblicazioni come i libretti delle messe.
Il lavoro editoriale resta quindi una sua grande passione…
Nel corso degli anni Dandolo continua a curare diversi prodotti editoriali, dagli inserti artistici di alcune riviste, fino alle pubblicazioni della Galleria d’Arte Sacra, come il catalogo del 1956 e quello della mostra di Francesco Messina, tenutasi nel 1963 nella galleria privata in via San Calimero. In questa occasione, Dandolo favorisce l’incontro tra il maestro Messina e l’arcivescovo Montini. Il suo scopo era promuovere gli artisti in tanti modi, così che potessero lavorare, crescere e anche mantenersi. Pazientemente costruisce quella rete di relazioni che diventerà ancora più importante dopo l’elezione di Montini a pontefice. La prima presenza degli artisti contemporanei in Vaticano è proprio quella degli artisti legati a Villa Clerici, coinvolti nella realizzazione della Cappella privata del Papa, dono della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano al vescovo tanto amato dalla città. Le opere che arricchiscono la Cappella sono degli artisti del gruppo di Niguarda: Consadori, Filocamo, Longaretti, Manfrini, Martinotti, Scorzelli, Rudelli… Il maestro Rudelli ha ancora oggi il proprio studio a Villa Clerici (prima lo studio era dello scultore Manfrini): manteniamo la tradizione, nonché occasione e risorsa preziosa, di avere un artista che lavora qui, dove l’arte si è sempre ‘prodotta’ concretamente.
Ci sono altre realtà di questo tipo?
Ne sono nate, anche collegate a questa. Per esempio la Galleria d’Arte Contemporanea della Pro Civitate Christiana ad Assisi, un altro luogo incredibile che invito tutti a visitare: conserva come la nostra opere contemporanee, ma incentrate sul tema del Gesù Divino Lavoratore. I nostri artisti hanno realizzato diverse opere per questa collezione e, insieme a don Giovanni Rossi, Dandolo Bellini ha organizzato alla Cittadella di Assisi diverse mostre temporanee. A Roma, insieme al segretario del Papa Mons. Macchi, collabora in prima persona alla realizzazione della Galleria d’Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani, della quale cura l’allestimento su modello della nostra GASC. Dalla collezione personale di Mons. Macchi deriva invece la Collezione Paolo VI – Arte Contemporanea di Concesio, in provincia di Brescia. Di nuovo emerge una fitta rete di relazioni, nonostante ogni raccolta museale abbia storia, identità e specificità proprie.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
Spero di aver comunicato la profonda relazione tra gli artisti che hanno frequentato e amato questo luogo e la Casa di Redenzione Sociale. Una storia fatta di collaborazione, creatività e impegno verso un obiettivo comune che vede al centro la persona e il suo sviluppo attraverso l’attività sociale e culturale. Sono tanti i progetti sociali che possono svilupparsi attraverso l’arte. Oggi è necessario rieducare alla bellezza, imparare a riconoscerla e amarla, acquisendo maggiore consapevolezza del nostro patrimonio umano e culturale. Le potenzialità di questo luogo sono molteplici, ma la sua forza e unicità stanno proprio nella sua storia, sottolineata certamente dalla bellezza del complesso architettonico, di per se stesso un’opera d’arte. Il Centro Psicopedagogico e la Galleria d’Arte Sacra lavorano al servizio della persona per un obiettivo comune. Diverse sono le realtà che abitano e rendono vitale questo luogo, ognuna con le proprie specificità, come mette in evidenza il nuovo sito internet di Villa Clerici.
Villa Clerici è da anni sede di iniziative musicali che si svolgono nei bellissimi spazi esterni così come nelle sale museali, mentre GASC cerca e trova continuamente nuove forme per raccontare e valorizzare la propria identità e patrimonio, sempre in collaborazione con la Casa di Redenzione Sociale.
Oltre ad Alice Tonetti, che ringrazio sia per l’intervista sia per aver scritto il suo libro, che ho letto d’un fiato quasi fosse un romanzo (e che contiene un CD con la digitalizzazione del rarissimo, unico catalogo della Galleria del 1956), ringrazio la Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei in Villa Clerici per la gentile concessione delle immagini.
Nella foto
Francesco Messina, Incredulità di San Tommaso (part.), bronzo, GASC – Galleria d’Arte Sacra dei Contempoanei
Articolo pubblicato in MILANOPLATINUM.COM 3.09.2015